Stasera su Rai 3 Pierfrancesco Favino in un film dal romanzo Premio Strega: Il colibrì è un capolavoro che lascia il segno

In sintesi

  • 🎬 Il colibrì
  • 📺 Rai 3 HD, ore 21:20
  • 📖 Un film tratto dal romanzo Premio Strega di Sandro Veronesi, diretto da Francesca Archibugi, che racconta la storia di Marco Carrera, detto “Il Colibrì”, tra amori impossibili, rimpianti e resistenza esistenziale, con un cast stellare e una narrazione emotiva e stratificata.

Pierfrancesco Favino, Kasia Smutniak, Francesca Archibugi e il romanzo Premio Strega di Sandro Veronesi sono i nomi forti della serata televisiva di mercoledì 13 agosto 2025. Su Rai 3 HD alle 21:20 va in onda “Il colibrì”, il film che ha acceso i riflettori su uno dei romanzi più discussi degli anni Duemilaventi e ha portato sullo schermo una delle storie più affascinanti e malinconiche della recente narrativa italiana.

Il colibrì: trama, cast e stile che hanno conquistato il Premio Strega

“Il colibrì” non è solo un film, ma una narrazione stratificata e vissuta a salti temporali, proprio come le emozioni che ci portiamo dietro per anni senza mai riuscire a lasciarle andare davvero. Francesca Archibugi dirige con tocco personale questa storia che segue Marco Carrera, detto “Il Colibrì”, uomo segnato da una vita di amori impossibili e occasioni perse. Pierfrancesco Favino si immerge in una delle sue interpretazioni più introspettive e vibranti, restituendo tutta la fragilità, la forza e l’inerzia di un protagonista che resiste alle tempeste dell’esistenza senza apparentemente mai muoversi davvero.

Accanto a Favino spiccano Kasia Smutniak (Marina, la moglie inquieta), Bérénice Bejo (Luisa Lattes, amore mai consumato di Marco), Laura Morante e persino Nanni Moretti, per un cast che è una vera e propria parata di stelle italiane e internazionali. Regina silenziosa della cornice visiva è la Archibugi, che continua a lavorare sui sentimenti sospesi e sulle dinamiche familiari disfunzionali, offrendo al pubblico una regia elegante e mai scontata.

Perché vedere “Il colibrì”: emozioni, cast e valore della trasposizione Premio Strega

Dietro quella patina da alto borghese, eleganza e cocktail, “Il colibrì” nasconde una profondità emotiva tutt’altro che banale: ogni dettaglio – dagli arredi agli sguardi, dalla malinconia dei salotti alla leggerezza dei flashback d’infanzia – serve a raccontare una resistenza alla vita che è al tempo stesso difesa e dannazione. Il colibrì, per l’autore Sandro Veronesi, è creatura capace di stare immobile nel caos semplicemente sbattendo le ali: forse una delle metafore più azzeccate della nostra generazione sospesa tra sogni, senso di colpa e rimpianti.

I punti forti – e qui il pubblico cinefilo e seriale si esalta – sono almeno due:

  • Una commistione di toni che mescolano con grazia e intelligenza il ritratto familiare, il racconto psicologico e il melodramma sommesso; la narrazione non disdegna incursioni narrative inquietanti, mettendo in scena personaggi complessi e sinceri, mai assolti né demonizzati.
  • Il cast: Favino e Smutniak entrano in risonanza perfetta, supportati da Bejo (profondità e mistero assoluto) e da un’Archibugi che – nerd alert! – riconferma la propria autorità nella direzione dei bambini in scena, coinvolgenti e naturali come raramente capita di vedere nel cinema italiano.

Per gli amanti delle trasposizioni letterarie, rimane il piacere di confrontare la scrittura premiata di Veronesi con l’adattamento cinematografico: la struttura a mosaico, il viaggio tra passato e presente, la scelta di frammentare la narrazione costringendo chi guarda a colmare i vuoti, rende l’esperienza affascinante seppur non immediata. Da bravi nerd della narrazione, alcuni spettatori potrebbero notare influenze tipiche della serialità europea, da Haneke alle atmosfere della borghesia problematica dei film di Assayas o Moretti (presenze e citazioni che qui abbondano).

L’accoglienza di “Il colibrì” tra critica, premi Nastri d’Argento e impatto culturale

L’accoglienza di “Il colibrì” è stata <> al botteghino, ma critica e pubblico si sono divisi tra chi ne loda la finezza emotiva e chi lo accusa di essere un po’ troppo algido, prigioniero della sua ossessione estetica. Eppure, chi ama scavare tra le righe e negli sguardi, troverà pane per i suoi denti: la storia di Marco Carrera è in realtà una grande parabola sulla difficoltà esistenziale di cambiare direzione e, insieme, sull’amore come motore e trappola esistenziale. Una pellicola che non cerca l’applauso facile, ma si apprezza nell’eco che lascia dopo i titoli di coda.

  • Premio Strega al romanzo, Premio Nastri d’Argento per il film: la sostanza c’è, seppur non sia digeribile per tutti.
  • La scelta di intersecare linee temporali smentisce ogni diktat imposto dalle classiche regole dello storytelling italiano.

Insomma, “Il colibrì” è il film ideale per chi cerca emozioni autentiche, nostalgia mai retorica, e una riflessione originale e antimainstream su ciò che significa restare fedeli a se stessi mentre il mondo cambia. Un piccolo cult per chi ama scavare nell’anima delle cose – tanto più se stasera volete regalarvi una visione che va oltre la superficie. Pronti a restare immobili sbattendo le ali?

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Atmosfere borghesi malinconiche

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